Dall’annessione della Crimea da parte della Federazione Russa nel 2014, i paesi Europei in primis hanno adottato una politica sanzionatoria molto aggressiva nei confronti della Russia. Siamo giunti ormai al 10° pacchetto, ma la domanda che sorge spontanea è “ma avranno mai funzionato queste sanzioni?”
La situazione macroeconomica russa
In primo luogo, è utile osservare i dati macroeconomici sull’economia russa nel 2022, anno in cui sono entrate in vigore le sanzioni conseguenti all’invasione su larga scala dell’Ucraina.
Partiamo dall’indicatore principale, ovvero il PIL. Dopo il calo del 2020, dovuto alla pandemia, e il rimbalzo del 2021, il PIL russo avrà il segno positivo nel 2022, anche se di poco. Secondo le stime più recenti infatti il PIL russo nel 2022 aumenterà del 0.4% secondo il Fondo Monetario Internazionale (IMF). Per il 2023 le stime sono estremamente variabili, passando dal 2.3 per il IMF al 5.6 dell’OECD.
Sul fronte dell’inflazione invece il problema si fa sentire principalmente sui beni importati, dato che i prezzi dell’energia non sono variati di molto, grazie alla grande produzione interna.
Vladimir Putin ha tentato disperatamente di velocizzare la sostituzione del paese di provenienza dei beni di consumo, privilegiando la Cina ed altri paesi asiatici a scapito dell’Unione Europea e degli USA. Ciò ha fatto si di evitare problemi di approviggionamento, con conseguenze nefaste per l’economia del paese, e di diminuire l’inflazione importata. Anche la Cina sta vivendo un momento di alta inflazione, pertanto tutte le materie esportate portano con sè un aumento dei costi in automatico.
Il mercato finanziario russo
L’indice borsistico MOEX
Dal crollo dopo l’invasione dell’Ucraina del mese di marzo 2022, il MOEX, l’indice utilizzato per valutare l’andamento della borsa russa, non si è mai ripreso segnando un calo di un terzo rispetto al periodo precedente alla guerra (da una media di 150 RUB ora si attesta appena sui 100 RUB).
Il cambio RUB – EUR
Sorte migliore per il rublo, il quale dopo aver avuto un tonfo con una perdita di valore del 50% a marzo 2022, ha ripreso il valore e addirittura ha toccato un record verso luglio 2022.
Visione dal lato energetico
Spread del greggio
Analizzando questo grafico molto interessante, si nota che le sanzioni non hanno avuto alcun impatto sullo spread. Il tetto ai prezzi del petrolio è stato annunciato all’inizio di settembre 2022 ed è entrato in vigore all’inizio di dicembre dello stesso anno. Ad oggi, febbraio 2023, non si vede nessun impatto sullo spread, nonostante i grafici pubblicati sui media con uno zoom molto forte.
La Russia è tornata a guidare i mercati energetici?
Questa è la domanda che ci si pone dopo la decisione della Russia di tagliare le forniture da marzo 2022 in poi.
Gli spread tra Brent e Ural restano ampi, il che significa che la Russia ha probabilmente bisogno di vendere petrolio più che mai per finanziare la guerra.
Il grande interrogativo è se il taglio delle forniture di questi ultimi mesi sia una strategia attiva o solo un riflesso della mancanza di capacità russa, dato l’elevato uso interno a causa del conflitto.
Se la Russia pensava di poter muovere il prezzo in modo sostanziale annunciando un taglio dell’offerta, finora ha fallito.
Il taglio delle forniture ha avuto un effetto limitato sui prezzi e la Russia deve probabilmente fare molto di più per avere davvero il sopravvento sui prezzi, sempre se questo sia l’obiettivo finale.
Scorte di greggio nel mondo
Nel frattempo, le scorte di petrolio a livello globale sono in aumento, il che indica che l’offerta sta più che tenendo il passo con la domanda in tutto l’Occidente.
Gas naturale
La carenza di offerta è ancora più evidente nel gas naturale, dove le scorte sono in aumento rispetto alla stagione sia negli Stati Uniti che in Europa. Dal grafico si può notare come il prezzo del gas naturale è ritornato e addirittura sceso sotto i livelli prima dello scoppio del conflitto russo-ucraino.
Questa situazione non è ottimale per la Russia, dato che dovrà vendere il gas ad un prezzo molto basso in un momento di forte necessità di liquidità.
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